Percyval Swan

Percyval Swan

Percy è un uomo del suo tempo, il figlio di un mondo che cambia, forse troppo in fretta, come accade quando si cresce. Legato alle proprie radici, e tuttavia proteso verso il futuro. Tenacemente fedele a valori intramontabili di giustizia, onestà, lealtà, a costo di apparire stupido li persegue quotidianamente, con la naturalezza del respiro. Forse questo non giova molto alla sua vita privata, ma alla fine ciò che conta è essere coerenti con se stessi.

Percyval Swan sollevò gli occhi dalla sua copia della Mayfair Gazette. Guardò fuori dal finestrino dell’omnibus a vapore. Le facciate dei palazzi di Regent Street scorrevano come soldati in parata. Pochi passanti percorrevano i marciapiedi indugiando davanti alle vetrine e agli ingressi delle sale da tè. Nessuno sembrava avere fretta. C’era una quiete speciale, quel giorno, come se Londra avesse cessato di respirare e rimanesse col fiato sospeso, in attesa. Il mondo appare sempre bello un istante prima di precipitare nel caos.

Percyval Swan

Sir Horatio Hastings

Figlio cadetto di una famiglia antica e potente, ha rinunciato alla ricchezza e al prestigio in nome dei propri studi e di una vita che gli permettesse di dimenticare se stesso e il dolore che reca con sè. Devoto all’Ergomeccatronica, abile ‘Maniscalco’, abita una casa infestata di ricordi, frequentata da spettri di carne e sangue e oscurità.

“Sei un Fantasma. Non hai il potere di renderla felice.” La voce di Sir Horatio era pacata, quasi perentoria, ma tradiva un dolore consueto, non dissimile da quello della nipote. Solo, i suoi occhi sembravano aver esaurito da tempo le lacrime. Si era avvicinato all’uomo con la maschera, trascinando i piedi come se all’improvviso fosse molto stanco. “Sei ricordo e dimenticanza, polvere di un sogno infranto, il miraggio di un amore perduto.” Sembrava parlare a se stesso, non al suo interlocutore. Allungò le mani percorse da infinite vene e prese a slacciare le cinghie che assicuravano la maschera al volto. “Ma sei tutto ciò che ha. Tutto ciò che le resta. Lasciamo che si culli in questa sciarada, se la rende almeno un poco felice.”

Beatrix Hastings

Beatrix Hastings

Lei è la fanciulla che aspetta. Da sempre, per sempre. Che in eterno aspetterà. Perché ha perduto qualcosa, Beatrix Hastings, qualcosa di prezioso, qualcosa di inestimabile, e in quella perdita vive, di quell’assenza si nutre, sentinella smarrita ai confini di sè. Ma per fortuna a Badhouse c’è sempre tanto da fare, c’è sempre qualcuno di cui occuparsi, dimenticando se stessi. Lei è la fanciulla che aspetta, la fanciulla che ama, nel silenzio, in stanze in cui danza solo il pulviscolo di giorni di sole di mille anni fa.

Beatrix trattenne il fiato, mentre dall’oscurità in fondo allo stanzone si staccava un brandello d’ombra, una bolla pulsante che prese a dirigersi galleggiando verso di lei. No, non galleggiava, volava, fragile come una fata oscura. Alla vista della falena, le sue labbra s’incurvarono in un sorriso, ma ancora non osava muoversi. Sollevò solo un dito per accogliere la creatura, quando questa l’ebbe raggiunta.
Poi si voltò e corse a svegliare lo zio e a dirgli che lo Spettro era tornato.

Benedict Hastings

Unico figlio di Sir Horatio Hastings. Brillante inventore, intraprendente scienziato, fervido difensore della giustizia.

“Energia è ciò che siamo stati, siamo e saremo” gli rispondeva lui ogni volta, “Poco importa in quale forma siamo imprigionati, in quale sostanza inerte o viva. Noi siamo parte del Tutto che scorre e muta, inesorabile, eterno.”
Spesso, quando s’intrattenevano in quei discorsi, erano entrambi troppo ubriachi per dare davvero senso alle parole. Era un privilegio della giovinezza indulgere in quell’ebbra euforia che rendeva tutto reale ed effimero allo stesso tempo. Benedict manteneva tuttavia quelle sue certezze anche da sobrio, e con esse l’entusiasmo che gli comunicavano.
“Quando sarò morto, cercami nel fulmine o nel vento. Nella pioggia che martellerà le tegole sulla tua testa. Nel primo fresco abbraccio del mattino. Non ti lascerò mai. Non me ne sarò mai davvero andato.”